Sono ufficialmente iniziati i laboratori sulla sensibilizzazione alla violenza di genere, un progetto che mira a creare spazi di riflessione critica sulle costruzioni sociali della maschilità e sui meccanismi di oppressione di genere. Finora, gli incontri si sono svolti nei Dipartimenti di Scienze della Formazione (DISFOR) e di Antichità, Filosofia e Storia (DAFIST) dell’Università di Genova, coinvolgendo studentesse e studenti in un dialogo aperto e partecipativo.

Decostruire la maschilità: un primo passo necessario
I primi incontri si sono aperti con una domanda provocatoria: “Che cos’è un uomo?” Il brainstorming iniziale ha rivelato una consapevolezza diffusa del carattere costruito della maschilità, portando a un interrogativo chiave: “Il genere è qualcosa che sei o qualcosa che fai?” Questa riflessione ha offerto l’opportunità di problematizzare gli stereotipi e di esplorare le dinamiche con cui il genere viene performato nella società.
Il dolore maschile e la struttura patriarcale
Se da un lato è essenziale riconoscere le esperienze maschili all'interno del patriarcato, dall’altro è stato cruciale sottolineare come il nostro sistema culturale, pur limitando anche gli uomini, sia soprattutto un sistema di oppressione che colpisce in maniera sproporzionata le donne e le comunità marginalizzate. Questo ha permesso l'emergere del senso di difficoltà espresso da alcuni uomini riguardo alle aspettative imposte dal loro ruolo di genere.

Maschilità al plurale: superare la narrazione monolitica
Un altro nodo fondamentale dei laboratori ha riguardato la tendenza a percepire gli uomini come un gruppo uniforme, senza considerare le differenze legate a background etnico, classe sociale, orientamento sessuale o disabilità. Riconoscere la pluralità delle maschilità è un passaggio essenziale per evitare generalizzazioni che ostacolano una comprensione più sfumata delle esperienze individuali.
Partecipazione e resistenze: il silenzio maschile
La partecipazione maschile è stata minima. Questo dato ha suscitato una riflessione sulle possibili ragioni di questa reticenza: paura del giudizio, difficoltà a mettere in discussione il proprio ruolo o semplice disinteresse? È emerso anche un dato strutturale: nei corsi di laurea coinvolti, la presenza femminile è nettamente superiore, il che può spiegare, almeno in parte, la scarsa partecipazione degli uomini.

Violenza di genere e pubblicità: tra stereotipi e pinkwashing
Un momento particolarmente coinvolgente dei laboratori è stato l’analisi di campagne pubblicitarie sul tema della violenza di genere. L’attenzione si è concentrata su due aspetti critici: il pinkwashing, ovvero l’uso opportunistico delle tematiche di genere a fini commerciali, e l’assenza di una narrazione sistemica del problema. Si è discusso di come la rappresentazione mediatica possa contribuire a creare empatia o, al contrario, a banalizzare la questione.
Riflessioni finali: oltre il laboratorio
Questi incontri stanno mettendo in luce l’importanza di creare spazi di confronto per discutere la maschilità e gli stereotipi di genere, ma anche le difficoltà nel coinvolgere attivamente tuttз. Il problema della scarsa partecipazione maschile e della rappresentazione parziale delle problematiche resta aperto. Come persone che operano in questo settore, è nostro compito continuare a interrogare questi temi, sperimentando strategie per rendere il dialogo più inclusivo e consapevole. Porteremo queste consapevolezze nei laboratori che organizzeremo nel secondo semestre.